Politiche Agricole
L’appello della scienza: «Fuori dagli atenei l’agricoltura biodinamica»
Gruppo Scienza e Società, FISV *
L’ipotesi di istituire una laurea dedicata a una disciplina «senza basi scientifiche e fortemente influenzata da credenze fideistiche» scatena il dibattito
Nonostante durante la storia moderna e contemporanea il metodo scientifico abbia giustamente distinto la magia dall'empirismo, ancora sopravvivono diffusamente le pseudoscienze. Tra queste l'agricoltura biodinamica ha recentemente scatenato una bagarre mediatica appassionante non solo per l'agricoltore addetto ai lavori o l'uomo della strada ideologizzato: il mondo accademico è coinvolto nel dibattito, vi è una crescente richiesta per istituire corsi di laurea specifici per questa pratica agricola, e vi sono iniziative legislative per farla rientrare nelle normative dell'agricoltura biologica, compreso il sostegno dato a quest'ultima.
Che cosa caratterizza l'agricoltura biodinamica rispetto a quella convenzionale e la distingue anche dall'agricoltura biologica? Esistono criteri precisi, curati dall'ente di certificazione Demeter (Strandard Demeter), ai quali la biodinamica richiede di ottemperare (https://demeter.it/standards-demeter/). Alcuni di questi fanno riferimento all'antroposofia di Rudolf Steiner e affermano, per esempio, che «nei processi vitali lavorano insieme molte forze diverse la cui origine non è esclusivamente materiale». I «preparati biodinamici» sono realizzati con organi animali come il corno di vacca, l'intestino, il cranio, il peritoneo o la vescica e hanno la funzione di «concentrare le forze vitali costruttive e plasmatrici che provengono dal cosmo nella sostanza che è contenuta in quel determinato organo […]. Il modo in cui essi agiscono può essere paragonato a quello dei medicinali omeopatici».
Da una ricerca sulla banca dati dell'Institute of Scientific Information (ISI, https://isindexing.com/), che raccoglie gli articoli pubblicati dalle riviste scientifiche che soddisfano i requisiti globalmente condivisi di integrità e autorevolezza, si rinvengono poche pubblicazioni in tema di metodiche biodinamiche e tutte prive dell'obiettivo di verificare i quesiti fondanti. Ma del resto per trarre conclusioni che possano essere considerate scientifiche sugli effetti della biodinamica bisognerebbe pianificare esperimenti adatti a misurare «forze diverse la cui origine non è esclusivamente materiale», oppure controllare se veramente gli organi animali possono «concentrare le forze vitali costruttive e plasmatrici che provengono dal cosmo». Va da sé che non vi è alcun modo conosciuto di condurre tali esperimenti e che quindi i principi della biodinamica richiedono un'adesione fideistica.
Seppellire nel terreno a scopo propiziatorio un organo di vacca riempito di letame, pensando di concentrare forze cosmiche, ha sicuramente una valenza psicologica ed è antropologicamente interessante, ma altro non si può dire. Ogni agricoltore è ovviamente libero di utilizzare le pratiche agricole che preferisce, col solo limite di rispettare le leggi vigenti. Ma nelle università la questione è diversa. In una situazione di cronica carenza di finanziamenti per la ricerca scientifica, per quanto riguarda l'agricoltura molto aggravata dall'assenza di fondazioni simili a quelle che sostengono la ricerca medica, è un dato di fatto che esista la tendenza a cercare finanziamenti dove la politica è più attenta a sfruttare situazioni accattivanti e naïve, specialmente a livello regionale.
Certo vi è libertà di ricerca e di insegnamento, ma come ci ha insegnato J. Stuart Mill, la libertà deve arrivare fino al punto di non recare danno agli altri. Nello specifico, come diverse Società scientifiche hanno più volte sottolineato, nelle università si dovrebbe evitare di far passare come scienza ciò che scienza non è, e di promuovere l'istituzione di corsi di laurea fortemente influenzati da credenze fideistiche. Nella fattispecie, proprio per evitare il danno agli altri, vi dovrebbe anche essere l'obbligo di insegnare, da un lato, il ragionamento critico che permetterebbe di evitare di farsi ingannare e, dall'altro, che cos'è il metodo scientifico in modo che si capisca che cosa è scienza e che cosa è non scienza.
*A. Bellelli (Dip. di Scienze Biochimiche “A. Rossi Fanelli”, Sapienza Università di Roma), G. Boniolo (Dip. di Scienze Biomediche e Chirurgico Specialistiche, Università di Ferrara), M. Fabbri (Div. di Genetica e Biologia Cellulare, Ospedale San Raffaele, Milano), G. Manzi (Dip. di Biologia Ambientale, Sapienza Università di Roma), L. Sineo (Dip. di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche, Università degli Studi di Palermo), A. Vitale (Ist. di Biologia e Biotecnologia Agraria, CNR, Milano)
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