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Pratiche sleali: salto di qualità nella lotta con la definizione di costo di produzione e sanzioni

Martina Terenzi Nicola Lucifero*

Importanti novità introdotte col decreto 63/2024 dalla definizione del costo di produzione al di sotto del quale non si può vendere al ruolo dei mercati all’ingrosso fino al sistema sanzionatorio

Un salto di qualità nella lotta alle pratiche sleali . È quanto ci si attende dai nuovi correttivi al D. Lgs. 198/2021 entrati in vigore lo scorsol 16 maggio 2024 col decreto legge 15 maggio 2024, n. 63, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 112 del 15 maggio 2024. Il decreto riporta le disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale (“DL”) e apporta, inter alia, rilevanti modifiche al D. Lgs. 198/2021 recante attuazione della Direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare (“Decreto 198”).

Il DL, che supera il disegno di legge recante modifiche al Decreto 198 arenato alla Camera dal 17 aprile 2023, rappresenta il terzo correttivo al Decreto 198 e le novità principali consistono nella regolamentazione sistematica e più omogenea della pratica commerciale sleale vietata consistente nella vendita di prodotti agricoli e alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione; nella esplicita estensione delle previsioni del Decreto 198 ai mercati all’ingrosso dei prodotti agroalimentari e nell’inserimento di un inedito meccanismo sanzionatorio rimediale e di un sistema di elisione delle conseguenze dannose dell’illecito a favore dell’operatore che abbia posto in essere una pratica commerciale sleale vietata.

Divieto di vendita di prodotti agroalimentari a prezzi inferiori ai costi di produzione

Anteriormente all’adozione del DL, l’art. 5, comma 1, lettera b) del Decreto 198 qualificava la vendita di prodotti agroalimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione quale pratica commerciale sleale vietata (rientrante nella cosidetta black list), quanto condotta eccessivamente gravosa per il venditore.

Ciononostante, tale pratica veniva oscurata, da un lato, dall’assenza di criteri per stabilire chiaramente quali fossero i fattori che concorrono alla formazione del prezzo all’interno del Decreto 198, nonché dalla mancata previsione di una nozione di “costi di produzione” e, dall’altro, dalla estesa elencazione di pratiche commerciali vietate e dalla rilevanza attribuita alle stesse.

Con l’intenzione di intervenire in materia di determinazione dei prezzi nei contratti di cessione dei prodotti agroalimentari, nella tutela della produzione agricola nazionale e nel sostegno e nella stabilizzazione ai redditi delle imprese agricole, il DL non solo ha inserito la definizione di “costi medi di produzione” e di “costi di produzione” (art. 2, lett. o-bis) e o-ter) del Decreto 198) ma ha elevato a principio essenziale dei contratti di cessione di prodotti agroalimentari (art. 3, co. 1 così come integrato) la determinazione dei prezzi dei beni forniti nel rispetto dei costi di produzione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera o-ter).

In termini pratici, il legislatore è intervenuto sull’autonomia contrattuale delle parti contraenti che, in sede di negoziazione ed esecuzione dei contratti di cessione, non solo dovranno uniformarsi a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni ma dovranno altresì individuare prezzi di fornitura che tengano conto del costo relativo all’utilizzo delle materie prime, dei fattori, sia fissi che variabili, e dei servizi necessari al processo produttivo svolto con le tecniche prevalenti nell’area di riferimento (i.e. costi di produzione ex art. 2, lett. o-bis)).

Sul punto però rimangono alcuni dubbi: come garantire nel concreto la fissazione contrattuale di prezzi che tengano conto dei costi di produzione e, soprattutto, come garantire l’attuazione e il controllo degli stessi? Perché individuare come parametro di mercato da rispettare i costi di produzione e non già i costi medi di produzione?

Il contrasto alle pratiche commerciali sleali nei mercati all’ingrosso

Nonostante i mercati all’ingrosso rientrassero, seppur implicitamente, a pieno titolo nel perimetro soggettivo e oggettivo di applicazione del Decreto 198 (art. 1) già prima dell’entrata in vigore del DL, il legislatore ha ritenuto il pubblico servizio che collega la produzione al consumo e che contribuisce alla libera formazione dei prezzi delle merci (cioè i mercati all’ingrosso) terreno fertile per la messa in scena di pratiche commerciali sleali.

Di qui, la ratio dell’inserimento dei commi 6-bis, 6-ter e 6-quater dell’art. 3 del Decreto 198.

Più precisamente, il DL (all’art. 3, co. 6-bis) impone l’inserimento nelle convenzioni e nei regolamenti dei mercati all’ingrosso dell’obbligo di rispettare il Decreto 198 in capo al fornitore titolare di uno spazio di vendita. Ciò con la conseguenza che la violazione delle norme in tema di pratiche commerciali sleali da parte del venditore si traduce, sotto il profilo privatistico, in una fattispecie di grave inadempimento negoziale, ex art. 1455 c.c., potenzialmente idonea a determinare una ipotesi di risoluzione contrattuale (all’art. 3, co. 6-quater).

Quest’ultima però non è il solo effetto della violazione del Decreto 198 nell’ecosistema dei mercati all’ingrosso. Difatti, sotto ulteriore profilo, il DL legittima i titolari e i gestori dei mercati che vengono a conoscenza di violazioni commesse all’interno degli stessi ad inoltrare tempestiva denuncia ai sensi dell’art. 9 del Decreto 198 (all’art. 3, co. 6-ter).

Meccanismo sanzionatorio rimediale ed elisione delle conseguenze dannose

Come noto, le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’art. 10 del Decreto 198, in caso di attuazione di pratiche commerciali sleali vietate, risultano particolarmente aspre in quanto ancorate al fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento. Peraltro, in caso di cumulo materiale e giuridico si applicano le relative previsioni della L. 689/1981.

Prima dell’introduzione del DL, il Decreto 198 escludeva espressamente il pagamento delle sanzioni in misura ridotta di cui all’articolo 16 della L. 689/198 (art. 10, co. 12 Decreto 198). Oggi però si assiste a un cambio di rotta. Infatti, in deroga all’art. 10, co. 12, al contraente al quale sia stata contestata una pratica commerciale sleale è consentito, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza di ingiunzione, procedere al pagamento della sanzione nella misura ridotta del 50%, qualora dimostri di aver posto in essere tutte le attività idonee a elidere le conseguenze dannose dell’illecito. In tal senso, il DL chiarisce (art. 10, co. 12-bis) che costituiscono attività idonee ad annullare gli effetti della violazione: a) la ripetizione del contratto concluso oralmente in forma scritta in caso di mancata regolamentazione degli elementi essenziali di cui all’art. 3, co. 2 del Decreto 198 all’interno di un accordo di cessione di prodotti agroalimentari e b) la corresponsione di un prezzo superiore ai costi di produzione sostenuti dal venditore in caso di violazione dell’art. 5, co. 1 lett. b) (i.e. fissazione di prezzi al di sotto dei costi di produzione).

In un momento storico in cui la diffusione orizzontale e verticale dell’incremento dei costi destabilizza il mercato delle commodity agricole e degli input produttivi, imponendo la cessione di prodotti agroalimentari a prezzi superiori ai costi di produzione ed il rispetto del Decreto 198 anche da parte dei soggetti operanti nei mercati all’ingrosso, il legislatore ha mosso un passo avanti al fine di tutelare la redditività delle imprese agricole. Nonostante il rilievo attribuito dall’intervento normativo in commento alla pratica commerciale sleale della fissazione di prezzi di vendita inferiori ai costi di produzione, il DL, così come formulato, sebbene finalizzato a ricondurre il mercato a un corretto funzionamento, potrebbe non esplicare gli effetti sperati sotto il profilo pratico. Difatti, il legislatore pur individuando i costi di produzione quali fattori che concorrono alla formazione del prezzo non fornisce alcuna istruzione sulle concrete modalità di implementazione di prezzi di vendita superiori ai costi di produzione. Questi ultimi rimangono così uno sterile parametro di mercato che ci si auspica possa essere maggiormente regolamentato in sede di conversione in legge del DL.

*Lca Studio legale


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