Politiche Agricole
La lunga crisi dell’agricoltura italiana: oggi si produce il 10% in meno di vent’anni fa
Stefano Vaccari*
Nonostante il progresso e gli incentivi (ridotti anch’essi) in forte calo vino, ortofrutta, olio d’oliva e cereali. Cresce solo il latte. A bilanciare il crollo produttivo il boom delle attività connesse
Il 2023 si conclude con stime produttive non soddisfacenti per numerosi comparti agricoli. Dopo la campagna 2022, una delle peggiori degli ultimi venti anni sotto il profilo produttivo, ci si aspettava un rimbalzo delle quantità prodotte che invece non c’è stato. Anzi, per alcuni comparti la crisi è proseguita.
Per il vino le stime indicano un calo di almeno il 20% della produzione rispetto al 2022, che dovrebbe far perdere all’Italia il primato mondiale, così come in difficoltà produttiva sono numerose fruttifere, pesche, pere e uva da tavola in testa.
Anche per i cereali l’annata è stata complessa, in particolare per il riso, le cui semine sono state ai minimi storici, con il grano duro che, con 3,8 milioni di tonnellate, dovrebbe essere appena sopra la scarsa produzione 2022 e con il grano tenero che dovrebbe chiudere sui 3 milioni di tonnellate, in aumento rispetto ai 2,76 milioni del 2022.
Per l’olio di oliva il 2023 doveva essere l’anno della riscossa, dopo il pesante crollo del 2022, tuttavia difficilmente la produzione riuscirà a superare la soglia delle 300mila tonnellate, quasi la metà di quanto si produceva venti anni fa.
Sembra dunque proseguire il trend produttivo negativo del 2022. Ricordiamo che, in controtendenza rispetto al resto dell’economia nazionale, lo scorso anno il valore aggiunto del settore agricoltura, silvicoltura e pesca era calato, in termini reali, dell’1,8%; in flessione anche volume della produzione (-1,5%) e l’occupazione (-2,1%).
Andamenti negativi si erano riscontrati per quasi tutte le coltivazioni, fatta eccezione per l’ortofrutta e le attività connesse all’agricoltura.
Al forte rialzo dei prezzi di vendita dei prodotti agricoli (+17,7%) era tuttavia corrisposto un incremento ancora più consistente dei prezzi dei beni e servizi impiegati dal settore (+25,3%), determinando ragioni di scambio negative per i produttori del comparto agricolo.
L’andamento produttivo negativo del settore primario è evidente da alcuni anni. Sommando le quantità complessivamente prodotte dall’agricoltura, con esclusione delle produzioni zootecniche o dei prodotti trasformati come vino e olio, osserviamo che nel triennio 2000-2002 il quantitativo prodotto dall’agricoltura italiana superava i 301 milioni di tonnellate, nel triennio 2010-2021 era sceso a 278 milioni e nel triennio 2020-2022 ulteriormente sceso a 273 milioni.
In sintesi, stiamo producendo mediamente il 10 per cento in meno di quello che producevamo venti anni fa, con buona pace di progresso tecnologico e sostegno pubblico al settore.
Le riduzioni produttive hanno investito in misura differente i comparti agricoli.
Per i cereali, negli ultimi venti anni abbiamo perso oltre 5 milioni di tonnellate di produzione tra frumento duro, tenero e mais.
Sempre in venti anni, abbiamo perso il 20% della produzione di uva da tavola, il 30% di pesche e il 50% di pere. Solo per le mele assistiamo ad un leggero incremento (3%) in venti anni.
Anche per le ortive l’andamento è in larga parte negativo: nell’ultimo triennio 2020-2022 abbiamo prodotto 290mila tonnellate in meno di pomodoro e 578mila di patate in meno rispetto al triennio 2000-2002. Produciamo molte meno carote, melanzane e cipolle di quelle che producevamo venti anni fa. Nel comparto delle ortive crescite significative si sono riscontrate in pratica solamente per le produzioni di cavoli e zucchine.
Più articolata è invece la situazione della zootecnia. Il crollo della produzione di carne bovina e ovicaprina prosegue inarrestabile: abbiamo perso in venti anni circa 460mila tonnellate di produzione bovina e oltre un terzo della produzione ovinocaprina e di conigli.
Abbiamo in compenso aumentato fortemente la produzione di carne suina (+290mila tonnellate di carne) e ancor più di pollame (+473mila).
L’andamento della produzione di latte bovino è stato determinato dal regime delle quote latte fino al 2015: cessato il predetto regime la produzione di latte è costantemente cresciuta fino ad arrivare, nel 2022, a 126,6 milioni di ettolitri prodotti, ben 21 milioni di ettolitri in più della produzione del 2000. Leggermente aumentata anche la produzione di latte ovicaprino, passata dai 5,9 milioni di ettolitri del 2000 ai 6,2 milioni del 2022.
Costante è risultata negli anni la produzione italiana di uova, oscillante intorno ai 12,8 milioni di pezzi annui.
Crollata, infine, la produzione italiana di miele nel nuovo millennio: siamo passati dalle 9.600 tonnellate degli 2000 alle 4.100 del 2022.
Anche la produttività del settore, intesa come valore aggiunto ai prezzi di base per ora lavorata, è crollata negli ultimi anni - nel 2021 essa era inferiore di 10 punti rispetto al 2015 – mentre è aumentata in tutti gli altri settori dell’economia.
Sotto il profilo economico la crisi produttiva italiana è stata sinora attutita dallo straordinario incremento avuto dalle attività connesse in agricoltura, oltre 12,5 miliardi di euro nel 2022 contro i 6,9 miliardi del 2005, il cui peso nel valore dell’agricoltura italiana è ormai prossimo al 20%. Quasi un quinto del valore della produzione agricola italiana oggi viene dai servizi resi dalle imprese agricole, frutto della legge di orientamento del 2001, e non più dalle coltivazioni o dagli allevamenti.
La crisi produttiva dell’agricoltura italiana è particolarmente preoccupante perché si sta riducendo il potere contrattuale delle imprese agricole in favore di altri comparti, industriale e grande distribuzione in primis.
Produrre di più è dunque indispensabile ma le strategie europee e nazionali sinora attuate non hanno supportato a sufficienza tale obiettivo. A livello europeo l’attuazione di Farm to Fork e i conseguenti regolamenti della politica agricola comune produrranno inevitabilmente un calo produttivo: ridurre del 50% fitofarmaci e concimi e portare al 25% la superficie Bio in Italia porterà, nella migliore e più rosea delle prospettive, ad un mantenimento degli attuali, insoddisfacenti volumi produttivi.
A livello nazionale si registra la costante diminuzione del sostegno pubblico al settore: la banca dati del sostegno pubblico realizzata dal CREA, l’unica esistente in Italia, evidenza che nel 2000 la spesa pubblica in favore dell’agricoltura ammontava, in valori correnti, a 15,6 miliardi di euro contro gli 11,8 miliardi del 2022. In termini reali stiamo parlando di un più che dimezzamento del sostegno pubblico!
Peraltro, il PNRR in agricoltura non ha ancora fatto sentire effetti dal momento che la spesa reale – intesa in termini di pagamenti ai beneficiari - alla fine del 2022 era ancora inferiore all’1% degli stanziamenti.
Anche i crediti bancari concessi al settore continuano a calare: i prestiti alla produzione agricola sono scesi dai 44,3 miliardi del 2015 ai 40,4 miliardi del 2022 ed il dato del primo trimestre 2023 conferma il calo dei prestiti.
Al contrario i prestiti all’industria alimentare continuano a crescere e sono passati da 31,4 miliardi del 2015 a 33,7 miliardi del 2022, con un’ulteriore crescita nel I trimestre 2023 (Fonte: CREA).
Anche a livello regionale sembra che l’attenzione verso gli investimenti aziendali sia passata in secondo piano: dal 2000 al 2022 la spesa delle regioni per il settore agricolo è passata da circa 4 miliardi a 1,73 miliardi di euro e numerose regioni, in sede di scelta degli interventi da finanziare con le risorse UE del II pilastro della PAC, hanno privilegiato facili scelte come indennità e premi produttivi rispetto alle misure per investimenti aziendali.
La crisi produttiva agricola italiana mostra dunque un trend consolidato: il cambiamento climatico è certamente un fattore di incidenza, ma non l’unico. Molto si può ancora fare in termini di incentivazione dell’imprenditoria agricola per tornare almeno ai livelli produttivi di venti anni fa.
*direttore generale Crea
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