- 07 Mag 2018
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Paolo Fulci racconta i segreti della Ferrero: «Michele, gli ovetti e la Valeria»
Silvia Marzialetti -
«Tutti mi pronosticavano una vita politica - nella mia famiglia ci sono stati quattro parlamentari - ma poi andai a stare da Michele Ferrero per un anno e mi innamorai dell’azienda, tanto che abbandonai immediatamente qualsiasi velleità istituzionale».
Francesco Paolo Fulci, dal 2011 presidente della Ferrero, racconta così il suo colpo di fulmine con la multinazionale che, da dieci anni, riceve dal Reputation Institute di New York il palmar di azienda italiana con la migliore reputazione al mondo.
Ospite dell’Università Luiss il diplomatico, ex ambasciatore presso le Nazioni Unite, descrive con orgoglio «quella pasticceria di Alba che, convertitasi in impresa nel 1946, è diventata la terza multinazionale del mondo, con un f atturato di oltre 8 miliardi».
E il suo rapporto con Michele Ferrero, il fondatore.La storia
«Michele Ferrero - racconta Fulci - è stato un genio imprenditoriale. Si deve a lui se una fabbrica partita 70 anni fa con un piccolissimo laboratorio ha avuto tanto successo».
All’epoca - siamo nel secondo dopoguerra - il cacao era molto molto caro. E allora il padre di Michele, Pietro, pensò di fare esattamente quello che usavano fare tutti i pasticcieri piemontesi a Torino nell’Ottocento, quando le navi britanniche bloccarono il Continente, impedendo l’arrivo del cacao: mescolare alla poca polvere rimasta le nocciole tostate. Il Piemonte, infatti, produce una nocciola particolarmente pregiata, che divenne l’ingrediente principale della pasticceria locale dell’epoca.
Quando, dopo alcuni anni, si verificò una situazione analoga, il pensiero di Pietro Ferrero andò a questi aneddoti. E la crema da lui creata ebbe un sucesso immediato.
Il genio imprenditoriale di Michele Ferrero segnò la svolta. «Era divertente sentire lo stesso Michele - prosegue Fulci - raccontarci di come, appena diciottenne, si fosse dovuto industriare per far conoscere il marchio e vendere i primi prodotti. Quando mostrava il biglietto da visita “rappresentante della Ferrero” la reazione era unanime: Ferrero chi?L’ovetto Kinder e la Valeria
L’idea di marketing più riuscita è sicuramente quella dell’ovetto Kinder.
«Vedrete che trasformerò ogni giorno in una Pasqua», se ne uscì un giorno Michele Ferrero. «Poi - racconta Fulci - ordinò 48 macchine in Germania e quando arrivarono disse: queste sono le macchine, ora producete e e vendiamo. E fu un successo».
«Per lui - continua il presidente dell’azienda - il vero ad dell'azienda era “la Valeria”: la consumatrice, la mamma di famiglia, colei che va a fare la spesa. Lui la osservava sempre: andava nei supermercati per rendersi conto come si comportasse».
«Tanti anni accanto a lui ho capito una cosa fondamentale della sua personalità: ha avuto successo perchè amava andare sempre controcorrente: era il leitmotiv della sua vita, a cominciare dagli operai della sua fabbrica. Quando le campagne del Sud si spopolarono a favore delle industrie, Michele Ferrero fece esattamente l'opposto: mandò dei pullmini a recuperare lavoratori e lavoratrici per consentire loro di continuare a fare i contadini e ripopolare le terre; per questo le Langhe sono diventate i migliori produttori di vini italiani dal Barbera, al Barolo, al Barbaresco.Le Langhe: da terra della malora a patrimonio dell’umanità
Grazie alla ricchezza creata da Ferrero quella zona è stata dichiarata oggi patrimonio mondiale dell'umanità. «Se leggete Fenoglio, la chiamavano la “terra della malora”, da dove tutti scappavano».
«C’è stato un altro grande piemontese - conclude Fulci -: Olivetti. Olivetti aveva sognato che l’uomo non dovesse essere al servizio della fabbrica, ma la fabbrica al servizio dell’uomo e che l’imprenditore non dovesse creare solo ricchiezza, ma anche solidarizzazione, armonia, bellezza. Doveva aiutare tutti i collaboratori a migliorare la qualità della vita. Ma questo che per Olivetti era rimasto un sogno, è stato trasformato da Ferrero in realtà».